Più veloce. Ma meno aggressiva. Così gli esperti dell’Istituto superiore di Sanità provano a definire con due semplice aggettivi la variante Nimbus del virus Sars-CoV-2. Il ceppo, da tempo circolante negli USA, è stato ufficialmente identificato a Genova, presso il Policlinico San Martino, in un paziente ricoverato per una malattia ematologica e quindi per definizione “fragile”. Di cosa si tratta? E cosa può cambiare?
Indice
Nessun allarme
La mutazione, come riporta AdnKronos, viene definita con la sigla NB.1.8.1. rispetto ai ceppi circolanti si sta affermando, probabilmente proprio per le sue caratteristiche e per la facilità di diffusione. Secondo le analisi e gli studi di prevalenza dei ceppi virali nel mondo sarebbe responsabile di oltre un caso su dieci di infezione.
Ora si tratta di capire se è destinata a proseguire nel suo slancio, andando progressivamente a sostituire i ceppi precedentemente riconosciuti, oppure non riuscirà a diventare maggioritaria. Questa è la questione che conferma come importante all’Adnkronos Salute Giancarlo Icardi, coordinatore del laboratorio di Igiene regionale della Liguria presso il san Martino. L’esperto però segnala che non si deve considerare un’emergenza e che quindi non deve esserci allarme.
Come accade per la famiglia della variante Omicron, da tempo dominante con le diverse sottovarianti rispetto a quelle precedenti, c’è da attendersi una prevalenza di sintomi similinfluenzali con mal di gola, tosse, qualche linea di febbre. Insomma, non siamo più di fronte ai quadri clinici di inizio pandemia.
Occorre comunque ricordare che per i soggetti a rischio, per età o patologia, conviene sempre prestare grande attenzione alla situazione. Il che significa che è fondamentale parlare della situazione con il medico, in presenza di sintomi che possono far pensare a Covid.
Il tutto, tenendo presente che anche la stessa OMS tiene d’occhio cosa sta accadendo con la variante Nimbus ma si limita a monitorare la situazione, tanto da non aver ancora dato indicazioni (come del resto le autorità sanitarie) per eventualmente pensare a mutamenti nella formulazione dei vaccini prossimi o nelle terapie.
Insomma: quello che sta accadendo è che il virus evolve. E cambia qualche sua caratteristica, senza peraltro modificare i classici problemi sintomatologici legati alla sua presenza. Il virus ha bisogno di queste piccole “trasformazioni” invisibili per sfuggire alle difese, in un inseguimento continuo con il sistema immunitario dell’organismo, allenato a riconoscerlo dai vaccini e dalle infezioni naturali.